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Transcription

Come in altri paesi europei, nelle principali città italiane alla vigilia del 1848 si diffuse uno strumento di propaganda e di pressione sui governi ispirato alla street politics del movimento cartista britannico. Decine, centinaia, talvolta migliaia di cittadini si radunavano o sfilavano negli spazi urbani più frequentati, tra simboli, gesti rituali, slogan e canti che, in maniera più o meno allusiva, invocavano riforme liberali. L’avvento di quella che oggi definiremmo “manifestazione”, e che il lessico politico del tempo chiamava “dimostrazione popolare”, costituì una profonda innovazione e un’importante conquista. L’innovazione consisté nella comparsa di tecniche di organizzazione ed espressione del dissenso che, grazie alla disciplina dell’azione e al profilo sociale misto e rispettabile dei partecipanti, rifiutavano le forme tradizionali della protesta popolare, in particolare del tumulto annonario, rispettando la proprietà e la quiete pubblica. E tuttavia, in assenza di un diritto di riunione riconosciuto, tali occupazioni dello spazio urbano restavano extralegali. Proprio in questo consisté la conquista: il controllo fisico e simbolico dello spazio pubblico – anche solo temporaneo, come durante le dimostrazioni – alludeva a un esercizio diretto, alternativo di sovranità. Infatti la forza pubblica disperse violentemente le prime dimostrazioni, fino alle prime settimane del 1848, nel Lombardo-Veneto come a Napoli o a Torino. In Toscana, invece, fin dall’estate 1847 l’inefficienza dell’apparato repressivo granducale si rivelò tale che i diplomatici stranieri registravano l’immagine di un governo in balia dei dimostranti. Il 12 settembre 1847, un pacifico corteo di 60.000 persone da tutta la Toscana percorse le strade di Firenze, tra simboli e slogan liberali e patriottici che trascesero di molto i festeggiamenti ufficiali per la recente concessione della guardia civica. Allo stesso Leopoldo II – si legge nel suo diario – sembrò che “quel giorno il governar restasse sospeso”.

Translation

As in other European countries, in the main Italian cities on the eve of 1848 the example of the street politics of the British Chartist movement offered food for propaganda and suggested a means of exerting pressure on governments. Dozens, hundreds, sometimes thousands of citizens gathered or paraded in the most commonly frequented urban spaces, using symbols, rituals, gestures, slogans, and songs that, in a more or less explicit way, invoked liberal reforms. The advent of what today Italians would call a 'manifestation', and that the political lexicon of the time called 'popular demonstration', constituted a profound innovation and an important conquest of space. The innovation consisted in the appearance of techniques of organisation and expression of dissent which, thanks to its disciplined nature, the mixed and respectable social profile of the participants, the respect shown to property and the public peace, and the rejection of more traditional forms of popular protest, in particular the riot, were in sharp contrast to the popular struggles of the past. And yet, with no recognised right of assembly, these occupations of the urban space remained extra-legal. Indeed, it was precisely in this that the strategy's success consisted: the physical and symbolic control of public space - even if only temporary, as during demonstrations - alluded to a direct, alternative exercise of sovereignty. Government forces violently dispersed the first demonstrations in the first weeks of 1848 in the Lombard-Veneto region as well as in Naples and Turin. In Tuscany, however, from the summer of 1847, the grand-ducal repressive apparatus turned out to be so inefficient that foreign diplomats reported that the legitimacy of the government rested wholly on the attitudes of the crowd. On 12 September 1847, a peaceful procession of 60,000 people from all over Tuscany walked the streets of Florence, invoking liberal and patriotic symbols and slogans that greatly transcended the official celebrations for the recently formed civic guard. Leopoldo II wrote in his diary that it seemed as if 'that day the government remained suspended'.